MARADONA: CHI ERA “EL PIBE DE ORO”

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MARADONA: CHI ERA “EL PIBE DE ORO”

Il mito e la leggenda. Pronunciando per esteso il suo nome, “Diego Armando Maradona”, mi rievoca emozione e sentimento, passione ed ammirazione. La sua classe unitamente al ricordo indelebile, ne delinea un’immagine oltre misura. Eppure una sorte di diaspora, legata anche alla sua popolarità planetaria, ha scandito la sua esistenza.

Re di Napoli

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Maradona non è stato solo il calciatore dei due mondi. La sua infanzia nella cosiddetta “Villa Fiorito”, provincia di Buenos Aires, ha segnato più che forgiato l’uomo. Nel 1984 un intreccio tra club, banche e politica consentì un trasferimento che fece epoca. Napoli e Napoletani videro sbarcare un nuovo Masaniello Argentino o il Che Guevara Napoletano.

Un condottiero impavido, forte delle sue doti balistiche, armato dal fervore di rappresentare una classe sociale ai margini. Il Re che Napoli sognava. Il simbolo che capeggia per sempre nel cuore di una città intera. Un vessillo leggendario tra inni, parodie ed esaltazioni mistiche.

Se è vero che Maradona fu opprimente per Diego, è anche vero che Diego ha profuso a Maradona l’anima! Un orbita di attrazione, l’esaltazione dei valori di chi era al suo fianco. Un effetto trainante esponenziale per lui, la gente, i compagni e il Napoli calcio. Tutti pronti a gettare il cuore oltre l’ostacolo, l’impossibile diventava possibile.

Diego e Maradona

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L’alter ego tra l’uomo e il calciatore fu un confine sin troppo sottile, in cui l’identità appariva drammaticamente trasfigurata dal dualismo, senza sosta e misura. Così anche divisivo fu sia l’amore che l’odio nei suoi confronti. Le motivazioni furono diverse ma tutte avevano origine da un unico filo conduttore: la sua generosità. Maradona, rimanendo fedele al suo credo, non si tirava mai indietro nel bene e nel male. Che fosse un inaugurazione di un locale, di una festa, di una cena, di una partita sul campo di fango, lui presenziava sempre. Tutti lo volevano, ma quello che lui non sapeva era che poi tutti lo volevano esclusivamente dalla loro parte.

Un gioiello da esporre in vetrina anche da compagnie poco raccomandabili che, ad un certo punto, decisero di abbandonare in quanto alla luce troppe cose venivano alla ribalta. Utilizzato e scaricato, ma anche carcerato da qualche dirigente della società partenopea di quegli anni! Infatti quando lui capì che era meglio cambiare aria, nei giorni in cui l’uomo dominava su Maradona, non gli fu consentito.

Italia ’90

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Il punto del non ritorno fu la drammatica, e ancora una volta divisiva, semifinale mondiale degli azzurri a Italia ’90 a Napoli, proprio con l’Argentina. Una pagina scritta che qualcuno – Federazione o FIFA ? – avrebbe dovuto prevedere. Sta di fatto che un boato squarciò lo stadio al goal di Totò Schillaci, ma al pareggio di Caniggia il San Paolo esplose. E questo la dice lunga. Il goal di Maradona ai rigori, che sancì l’eliminazione dell’Italia, sentenziò la definitiva rottura di Maradona con una parte del mondo circostante e viceversa. La finale farsa persa dall’Argentina contro i tedeschi e, 1-0 rigore fantasma realizzato da Brehme, i fischi all’inno Argentino ne furono l’immediata conseguenza.

Maradona e Messi

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Oggi è un continuo valzer di opinioni, tra intenditori, esperti e gente comune, di chi sia il più grande. O meglio, Messi vale Maradona? Non scherziamo! Messi ha vinto tanto e più di Maradona ma, non discutendo le sue qualità, non è nel suo DNA essere un trascinatore. E’ stato sempre circondato da squadre forti, in cui lui ha rappresentato la ciliegina sulla torta. Un carattere introverso e poco propenso ad infondere esaltazioni trainanti. E’ solo, per così dire, un grande calciatore e professionista.

Maradona al contrario è stato l’emblema del Davide contro Golia. Ne sono la conferma i successi ottenuti. Con la sua Argentina, squadra modesta nel ’86, si laureò campione del mondo in Messico, trascinando i suoi compagni in una cavalcata memorabile. Tra l’altro segnò il goal del secolo contro gli inglesi ai quarti, in una sfida oltremodo sentitissima per la guerra nelle Falkland. Con il Napoli vinse due scudetti storici e la coppa Uefa nel ’89 regalando al Napoli e ai Napoletani un periodo calcistico ineguagliabile.

Le sue vicende personali sono una diretta conseguenza di quanto esposto. Nessuno può essere in grado di giudicare, a meno che non se ne voglia indossare prima i panni. Quando un ragazzo di appena 15 anni si fa carico della sua famiglia, cioè 8 persone, vuol dire che inevitabilmente l’adolescenza impedita ne consegnerà un adulto fragile e non strutturato. Per affrontare se stesso e la sua immensa popolarità, ha dovuto reggere macigni insostenibili anche per “La mano de Dios” che è e sarà per sempre unico e inimitabile.. grazie Diego Armando Maradona.. “El Pibe de Oro“.

 

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